Il modo di dire “costruire l’aereo mentre lo fai volare” è inglese e intende esprimere la difficoltà di lavorare su una cosa mentre questa è in funzione. Aggiustare la lavatrice mentre il cestello gira vorticosamente, cambiare una ruota mentre la macchina va a 100 all’ora, gestire una pandemia mentre questa si sviluppa sull’intero pianeta.
Le criticità e i limiti sono stati innumerevoli in questi mesi, molti di questi sono dipesi dalla scarsa qualità nella comunicazione. Messaggi completamente sbagliati (“Il virus non è contagioso”), errori strategici (“Sconsigliamo di eseguire le autopsie”), linguaggi del campo biologico dati in pasto a una popolazione non tutta laureata in biologia. Questi sono solo alcuni degli errori che hanno creato smarrimento nella popolazione. Se la comunicazione non è chiara, con un linguaggio comprensibile e empatico, allora fallisce.
Facciamo una panoramica di come è cambiata la comunicazione al tempo del Covid, nelle aziende. Una comunicazione variata, come dicevamo, in corso d’opera. Che ha mostrato punti deboli ma anche novità di approccio.
Smart Working. Ormai questo termine super inflazionato, non ha bisogno di presentazioni. Nella mente già abbiamo presente le vicende in cui i colleghi più imbranati non riuscivano a effettuare le funzioni più semplici. La difficoltà di conciliare i collegamenti con il resto della famiglia che bussa alla porta della camera
Dipendenti. Mai come ora, i dipendenti sono stati bersaglio di comunicazioni e circolari, piene di citazioni legislative e linguaggi – dicevamo – da laureato in biologia. In poche aziende la macchina della comunicazione si è rivolta verso i dipendenti con un linguaggio comprensibile, empatico. Quasi sempre è stata una comunicazione impositiva senza conoscere le esigenze dei lavoratori, evidentemente questa è una comunicazione fallimentare che non trasmette chiarezza ma procedure ciclostilate. In che modo la tua azienda ha aiutato i dipendenti a ridurre lo stress e l’ansia derivate dal Covid?
Responsabilizzare. In alcune realtà, piuttosto che adottare un approccio di comando e controllo, alcuni dirigenti hanno dato la priorità al potere del personale locale e regionale di eseguire i processi e le comunicazioni nel modo che ritenevano opportuno. In certi casi, la delega ha fatto capolino e ha iniziato a diffondersi. Speriamo che, terminata l’emergenza, questo frutto rimanga e si propaghi anche in altri ambiti delle aziende.
Leadership. In un momento di confusione generale, la leadership aziendale è stata messa sotto i riflettori. I dipendenti hanno guardato al leader in assenza di comunicazioni chiare da parte delle istituzioni. I dirigenti sono stati all’altezza? Spesso non sono abituati a stare al centro dell’attenzione di tutto il personale e non potevano certo improvvisare. Il risultato è stato deludente: informative anonime che non hanno trasmesso emozioni positive né informazioni rassicuranti.
La comunicazione, una strada a doppio senso. Le comunicazioni non devono viaggiare in una sola direzione. I team di comunicazione devono monitorare il modo in cui i lavoratori si sentono e incoraggiare il dialogo a due vie sia di persona che con la tecnologia. I dipendenti dovrebbero essere incoraggiati a fornire feedback direttamente ai dirigenti, anche in forma anonima.
Le piattaforme digitali sono diventate strumenti fondamentali per misurare il feedback dei dipendenti. Conosco alcune aziende che hanno utilizzato la piattaforma di lavoro di Facebook per diffondere contenuti e valutare il modo in cui i dipendenti rispondono con Mi piace, commenti e condivisioni. Il team di comunicazione può quindi adattare il proprio approccio in tempo quasi reale al sentire del collaboratore.
Pianificazione del ritorno al lavoro. L’emergenza, a sentire le istituzioni, non è ancora terminata anche se le terapie intensive e i loro primari ci dicono il contrario. Tant’è. Le aziende devono pensare al futuro e si stanno organizzando. Oltre i termini di legge da rispettare, serve vedere oltre e trovare migliori opportunità che permettano ai dipendenti di dare il meglio, ma in sicurezza. Serve non abusare dello smart working: la comunicazione umana non è fatta per funzionare sotto vetro, via schermo sarebbe meno chiara, meno empatica, meno efficace. E i 1.000 messaggi che inviamo inconsciamente con il nostro corpo non verrebbero colti dal nostro interlocutore che ha icone 3 cm x 4 con altri 5 colleghi, oltre a noi.
Lo smart working, per tornare al primo tema affrontato, va usato cum grano salis – come suggerivano i latini, con il senso della misura. Solo quando serve, altrimenti le incomprensioni aumenteranno.
Ci auguriamo che la comunicazione bidirezionale e l’ascolto incomincino ad avere un ruolo sempre più di primo piano. Così per la delega, che venga diffusa e usata per avere un Middle Management sempre più coinvolto che faccia meno tappezzeria anche per le decisioni che coinvolgono il Top Management.
Superare una prova o una difficoltà, senza cambiare, significa soffrire senza un motivo.