Una volta iniziata la Fase Due, ormai un paio di mesi fa, sono subito corso sul monte Subasio, qui in Umbria. Volevo vedere la regione dall’alto. Ho potuto vedere con il mio telescopio anche il cielo, con una nitidezza che avevo scordato. Ammassi di puntini lontani e quindi poco luminosi.  Questi oggetti più deboli – galassie e nebulose – sono i motivi migliori per salire in montagna la sera. E mi è venuto subito un paragone.
Come coach, fungo da osservatorio, da telescopio con i miei clienti. Insieme alle chiacchierate, all’ascolto profondo e alle domande scomode, l’osservazione è parte integrante delle caratteristiche di un coach.

Uno dei vantaggi di entrare in un’azienda da esterno è vedere e ascoltare le cose da un’altra prospettiva, che altri potrebbero non prendere in considerazione o “vedere”.
Quindi, il coach può osservare il nebuloso – ciò che potrebbe essere debole, appena sfocato, poco chiaro o confuso per il cliente – e metterlo a fuoco. Così da mostrarlo anche a chi lo osserva tutti i giorni ma non lo nota più.

Le nostre osservazioni possono portare maggiore attenzione e focus su alcuni atteggiamenti del cliente o dei discenti, proprio come fa il telescopio in cima a una montagna.

Ma cosa osserviamo? Quello che vediamo con i nostri occhi. Non sempre in aula o nella sala riunioni, dove tengo corsi o consulenze, il cliente o il discente condivide le osservazioni che faccio. Quello che un coach propone non è la verità ma verità aggiuntiva a quello che l’altro vive, osserva. La perla preziosa, o la stella – per rimanere in tema -, è la mia osservazione e contemporaneamente uno spazio psicologicamente sicuro, confidenziale e non giudicante che consente al cliente o al discente di considerare la nostra osservazione e navigare verso ciò che è vero per lui, ma con qualche informazione in più.

Ma cosa osserva un coach? Tantissime cose. Vediamone alcune:

• La scelta di parole, idee o concetti utilizzati dal cliente
• Il tono di voce del cliente e il volume del suo eloquio
• L’energia e il tono emotivo della sua voce
• Linguaggio del corpo e congruenza tra parole e gesti fisici
• Pattern, temi o connessioni all’interno di una conversazione o tra più conversazioni
• Il contesto in cui si sta verificando la conversazione
• E possiamo osservare ciò che non viene detto
Come vedete sono molte le cose da tenere in considerazione e per farlo serve molta concentrazione.

Lo scopo di condividere le osservazioni, senza attaccamento, offre l’opportunità di creare nuova consapevolezza e apprendimento per il cliente.

Le nostre osservazioni possono fungere da catalizzatore per il cervello del nostro discente per aprirlo al cambiamento e andare avanti con nuove intuizioni, nuove prospettive. In effetti, il coach agisce come un neurotrasmettitore garantendo lo stimolo alle parti del cervello che vogliono crescere.
Mentre il cliente riflette davanti alle mie osservazioni,  l’intero cervello diventa attivo , rilasciando serotonina – uno stabilizzatore naturale dell’umore. Quando viene rilasciata la serotonina, si verifica una scarica di energia (o intuizione) e il cervello si accende, andando avanti nella scoperta di prospettive, risposte o soluzioni. Questo incoraggia a raccogliere informazioni da tutte le aree del cervello, consentendo una visione più approfondita da parte del cliente. Nuove connessioni neurali iniziano a formarsi man mano che il cervello del cliente decide di cercare nuove prospettive, risposte o soluzioni.

E tutto nasce dalla messa a fuoco di un puntino, a volte trascurabile. E in seguito dal collegamento di più puntini fra loro. Senz’altro deboli. Magari molto luminosi un tempo, ma che ora la routine ha spento.

Il coach, per come lo intendo io, accende nuove energie e nuove intuizione. Ma riaccende anche fiamme un tempo potenti che la banalità della ripetizione ha portato quasi a estinguere.

Un po’ come uscire a riveder le stelle dalla cima del monte Subasio dopo mesi di lockdown e ritrovare con emozione e sorpresa quelle stelle, quelle luci che erano rimaste solo nei ricordi.